Intervista con Daniela Frisone

Conversazione con Paolo Greco
di Daniela Frisone
La cultura on the road. Come si rivela nelle tue opere?
Non ci sono diretti richiami culturali e sociali nella mia arte. Sono colpito dalle sensazioni
che nascono dalle mie esperienze di vita. Quindi alla base della mia arte c’è il viaggio
stesso, il viaggio della vita. Il mio essere artista si realizza quando riesco con un segno,
con un accostamento di colore, a coglierne l’aura e a comunicarla al fruitore. Infatti se nel
mio lavoro c’è una cultura on the road la si può cogliere nella scelta di dare ad ogni opera
titoli di film che mi hanno fatto rivivere delle prove importanti.
La vita rinasce dai frantumi, dal riciclo. È una morte e una rinascita, insieme,
dichiaratamente voluta?
Sì perché inconsciamente ho bisogno di ricostruire i cocci dell’esistenza chiusa, finita,
tentando di recuperare, anche in maniera maniacale, l’insieme dei pezzi di una vita
esplosa. La mia, quella di chiunque altro.
Il disagio dell’evoluzione porta alla necessità di fissare la materia nel tempo. Forse il
controllo appare effimero. Esiste, però, per te una necessità più forte di ogni incertezza?
Il viaggio di un artista è incerto. Infatti è nel rapporto tra l’opera e il fruitore che si compie
il significato del mio lavoro. Il senso attribuito alla visione non è affare mio, perché si rivela
nell’azione compiuta dall’oggetto d’arte verso colui che lo osserva. Chi guarda diventa
parte attiva dell’opera e questo per me è l’elemento chiave di un sistema evolutivo che
posso solo immaginare nell’intimo traguardo di sentire l’arte come unica salvezza dalle
ansie umane.
Il design diventa il rifugio per alcune tue opere. Là dove la materia si esalta, in altri luoghi
si annida, prende una posa. Come definiresti questo fissaggio? Estasi o controllo della
materia?
L’estasi si rivela nella mia arte nella misura in cui organizzo le sensazioni emotive e tattili,
le fisso, certo. Ma molto spesso il mio lavoro non segue una progettualità, sono immerso
in pieno nella mia avventura, che in sé è un evento, un momento di crescita in grado di
liberarmi dai miei limiti, di rendermi completamente libero.
Quale potrebbe diventare il prossimo approdo naturale del tuo iter materico?
Nella materia, in tutta la materia, ritrovo il potenziale espressivo che mi compiace. La
scelta dei materiali quindi approda nel campo dell’infinito. Tutto può diventare arte, io non
invento nulla, assecondo solo la materia, la leggo, la interpreto, stabilendo un contatto
vitale con essa. La materia è essenza della natura, amo lavorarla, toccarla trasformarla…
si tratta di azione pura e solo tramite l’amore la materia si fa spirito.

A talk with Paolo Greco
Daniela Frisone
Tell me about on the road culture. How does turn out in your works?
I don’t have direct cultural and social appeal in my art. I am impressed by the sensations
coming out from my life experiences. So in my art there is the journey itself, the journey of
life. My being an artist come realized when I manage with a sign, with a combination of
color, to catch its aura and communicate it to the viewer. In fact, if in my works there is
some on the road culture it can be grasped ivy the choice of giving each work titles of
movies which made me relive important proof.
Life live again from scraps, from recycling. It is a death and a rebirth at the same time, is
this intentional?
Yes, because unconsciously I need to rebuild pieces of an existence come to an end,
finished, trying to recover, even in a maniacal way, that shape, whole of those pieces of
an exploded life. Either mine or anyone else.
The discomfort of the evolution leads to the need to fix substance over time. Perhaps
control appears ephemeral. However, is there for you, a need stronger than any
uncertainty?
An artist’s journey is uncertain. In fact it is in the relationship between the work and the
viewer where the meaning of my work is fulfilled. The meaning given to the vision is not
my business, because it is a discovery in the accomplished action by the art object
towards the observer. The viewer becomes an active part of work and this for me is the
key element of an evolutionary system that I can only intimately imagine as the only
salvation from human anxieties.
Design becomes a refuge for some of your works. Where the material is exalted, lands to
other places, takes a pose. How would you define this passage? Ecstasy or control of the
subject?
Ecstasy in my art comes in the way I organize the emotional and tactile sensations. But
very often my work has not plan, I am fully immersed in my adventure, which is an event,
a moment of growth itself, able to cut of limits, it makes myself completely free.
What could be the next journey in your material process?
In the material, in all of it, I find the expressive potential that I like. The choice of materials
then lands in the field of infinity. Everything can become art, I do not invent anything, I
only hold matter, I read it, I interpret it, establishing a vital contact. Matter is the essence
of nature, I love to knead it, to manage and transform… it is a pure action and only
through love, matter becomes spirit.

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